In attuazione dell’art. 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69, che consente al Governo di apportare, entro il 30 giugno 2010, modifiche e integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, il Consiglio dei Ministri ha preliminarmente approvato, lo scorso 13 maggio uno schema di Decreto Legislativo che modifica profondamente le Parti I, II e V del codice ambientale, nell’ottica di un esercizio frazionato della delega correttiva. Tale modalità di esercizio, oltre ad essere espressamente consentita dall’articolo 14, comma 3, della legge n. 400 del 1988, è stata più volte ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza costituzionale, a partire dalla risalente sentenza n. 41 del 1975, ove il giudice costituzionale affermava che il Governo può dare attuazione alla delega conferita con una pluralità di distinti decreti legislativi, purchè emanati entro i limiti di tempo stabiliti. Sul testo verranno acquisiti i pareri della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari.
Modifiche alla Parte Prima del decreto (Disposizioni comuni e principi generali)All’articolo 1-bis del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 viene inserita la definizione di ambiente. Si è ritenuto opportuno che la definizione del bene oggetto di disciplina e tutela sia posta all’inizio del Codice. La norma tiene conto di quanto già affermato in diverse occasioni dalla Corte Costituzionale. In particolare il primo comma è tratto dalla sentenza n. 210 del 1987, in cui la Corte poneva l’ambiente come diritto fondamentale della persona e al contempo interesse primario di tutta la collettività. Al secondo comma la disposizione intende garantire una nozione di ambiente che garantisca efficacemente la tutela di questo bene. L’articolo 2 del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 ha la finalità di finalizzare alla tutela dell’ambiente tutta l’azione normativa ed amministrativa dello Stato e non del solo decreto legislativo. Questo intervento si è reso necessario perché la “tutela dell’ambiente” è un bene in sé e in quanto tale deve guidare l’attività delle istituzioni. È necessario rovesciare la visione per cui si tratti di un bene tutelabile in quanto strumentale alla qualità della vita umana, anche perché questa visione essendo, peraltro, estremamente sfuggente, è suscettibile di interpretazioni differenti che possono essere anche non necessariamente compatibili con la tutela dell’ambiente. Viene inserito anche un espresso riferimento al diritto internazionale rappresentando, anche storicamente, il primo piano di definizione di una politica mondiale di tutela dell’ambiente. All’articolo 3 del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 si è prevista l’abrogazione delle norme sulla produzione dei regolamenti successivi in quanto non sono più attuali. Il contenuto dispositivo del comma 1 trova, inoltre, una più appropriata sede nell’art. 3-bis contenente i principi sulla produzione del diritto ambientale. All’articolo 3-bis del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 comma 1, vengono effettuati degli interventi di coordinamento con le restanti norme della parte prima e si inserisce l’espresso riferimento al fatto che i principi generali sono adottati in attuazione oltre al dettato costituzionale anche degli obblighi derivanti dal diritto internazionale e dal diritto comunitario. Al secondo comma la norma riproduce il contenuto sostanziale della precedente formulazione ma specifica che eventuali deroghe, modifiche o abrogazioni, devono garantire il rispetto del diritto europeo, degli obblighi internazionali ed anche delle competenze delle Regioni e degli Enti locali. All’articolo 3-ter del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 vengono introdotti espressamente i quattro principi comunitari dell’azione ambientale al fine di fornire un’indicazione circa le attività che conseguono alla loro adozione. In particolare il principio di precauzione è definito in base a quanto affermato della dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992 e dalla comunicazione della Commissione europea del 2 febbraio 2002. La nozione di prevenzione, già conosciuta nel diritto positivo statale, richiama quella contenuta nella legge n. 225 del 1992 sulla protezione civile. Per il principio di correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, la definizione utilizzata prende spunto dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di inquinamento. Mentre il principio del “chi inquina paga” è definito in base all’interpretazione proposta dalla dottrina, che individua, tra tutti coloro che svolgono attività potenzialmente idonee a ledere l’ambiente, i soggetti che hanno l’obbligo di farsi carico dei costi derivanti dall’attività di prevenzione dei rischi ambientali nonché di riparare ai danni eventualmente provocati, siano essi soggetti pubblici o privati. All’articolo 3-ter del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 viene introdotta una formulazione del principio di sviluppo sostenibile più completa e coerente attraverso anche il riferimento al principio della solidarietà intergenerazionale. All’articolo 3-quinquies del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 si specifica che, nelle ipotesi in cui il decreto legislativo n. 152 del 2006 preveda poteri sostitutivi in capo al Governo, rimane salvo il potere delle regioni di prevedere, nell’ambito delle materie di propria competenza, poteri sostitutivi in capo ad organi regionali, per il compimento di atti o attività obbligatorie, nel caso di inerzia o inadempimento dell’ente competente. La nuova formulazione appare così in linea con la giurisprudenza costituzionale ed in particolare con le sentenze n. 43 del 2004 e n. 249 del 2009.
Modifiche alla Parte Seconda del decreto (procedure per la valutazione ambientale strategica (vas), per la valutazione di impatto ambientale (via) e per l’autorizzazione integrata ambientale (ippc))
All’articolo 4 (Finalità) del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, le modifiche introdotte sono state rese necessarie primariamente per consentire, con il richiamo alla c.d. direttiva IPPC, di introdurre nel d.lgs. n. 152/2006 anche la disciplina in materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA), oggi contenuta nel d.lgs. n. 59/2005. All’articolo 5 (Definizioni) del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 si è ritenuto di introdurre modificazioni, dal momento che l’inserimento del d.lgs. n. 59/2005 comporta l’uso in questa parte del decreto di definizioni (es. “emissioni”, “valori limite di emissione” etc.) che potrebbero creare confusione rispetto ad altre analoghe contenute in altre parti del Codice. Viene introdotta una nuova definizione di VIA, che, conformemente alle ormai pacifiche acquisizioni dottrinali e giurisprudenziali, si specifica trattarsi di un “procedimento” dotato di autonomia. Sono state, inoltre, scisse le ipotesi di VAS da quelle di VIA in relazione alla necessità o meno di svolgere la procedura di valutazione di incidenza (VINCA) disciplinata dal DPR n. 357/1997. Con la nuova formulazione, a differenza di quanto poteva emergere dalla precedente formulazione, la VINCA non risulta essere e obbligatoria sempre, ma unicamente nei casi in cui i piani o i progetti possano produrre effetti, anche indiretti, sui siti dal medesimo DPR tutelati. In aggiunta, considerata l’importanza della fase di monitoraggio per rendere realmente effettive le valutazioni rese in sede di VAS, è stata introdotta una continua verifica dell’attuazione del piano o del programma. Viene espressamente prevista l’esperibilità del ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione di cui all’art. 21-bis della legge n. 1034/1971. Infine, si propone la correzione della parte della disposizione che si riferisce alle “consultazioni”, in quanto l’uso del termine è suscettibile di ingenerare confusione rispetto alla fase della consultazione propriamente detta, che è quella disciplinata dal successivo art. 24. Con l’introduzione del Titolo III bis – L’autorizzazione integrata ambientale – al decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, è stata introdotta la normativa in materia di AIA nel corpo del decreto legislativo n. 152/2006, prevedendo l’abrogazione del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, comunque, determinando la piena e continua operatività delle disposizioni trasposte nel nuovo provvedimento normativo.
Modifiche alla Parte Terza del decreto (norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera
La proposta più importante, ai fini dell’operatività dell’intero quadro normativo della vigente parte quinta, é rappresentata dalla previsione di una distinzione tra la nozione di impianto e la nozione di stabilimento. Tale distinzione, presente in termini molto ambigui nel previgente d.p.r. n. 203 del 1988 e non riportata nel vigente decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, é infatti indispensabile per la definizione degli adempimenti che ricadono sui gestori e sull’amministrazione. Al riguardo, il proposto schema di decreto definisce con precisione l’impianto come il dispositivo/sistema fisso e destinato ad una specifica attività, e lo stabilimento come il complesso unitario e stabile in cui sono presenti uno o più impianti o attività (articolo 268, comma 1, lettere h) ed l)). Si mantiene, con riferimento agli stabilimenti, la già esistente ripartizione in “nuovi”, “anteriori al 2006” ed “anteriori al 1988”. Si precisa, poi, che alcune disposizioni si riferiscono agli impianti (i valori limite di emissione, i criteri di convogliamento delle emissioni, ecc.) ed altre si riferiscono agli stabilimenti (le procedure autorizzative). In assenza di una norma definitoria volta a distinguere impianti e stabilimenti si sono recentemente determinate una serie di criticità, non comprendendosi, ad esempio, se fosse necessario autorizzare singolarmente tutti gli specifici impianti di un complesso produttivo o autorizzare l’intero complesso fissando appositi valori e prescrizioni per i singoli impianti. Altre novità si prevedono per gli articoli inerenti l’autorizzazione alle emissioni. In particolare, lo schema di decreto introduce una serie di modifiche volte a garantire, al contempo, una semplificazione dell’azione amministrativa ed un efficace controllo degli impianti sul territorio. Il proposto schema di decreto introduce altresì importanti precisazioni circa i valori limite di emissione e le prescrizioni per l’esercizio degli impianti (articolo 271 del d.lgs. n. 152 del 2006). Più circoscritto é l’intervento che lo schema di decreto propone in materia di impianti termici civili (titolo II della parte quinta). In particolare, si precisa che la disciplina speciale del titolo II si applica soltanto agli impianti termici civili con potenza termica nominale inferiore a 3 MW. Sono invece sottoposti alla disciplina ordinaria del titolo I gli impianti termici civili aventi potenza termica nominale uguale o superiore (articolo 282 del d.lgs. n. 152 del 2006). Ciò in quanto gli impianti termici civili dotati di una maggiore potenza termica non si differenziano, sul piano delle emissioni in atmosfera, dai normali impianti industriali e devono pertanto soggiacere alle stesse regole.
Fonte